Incontro storico ad Anchorage: riflessioni tra potere, guerra e speranza umana
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Leggo articoli di ordine politico e sociale scritti da giornalisti di chiara fama e docenti universitari, esperti e appassionati di cronaca, ma in mente mi rimane solo l’immagine dell’incontro storico in Alaska ad Anchorage. Ho seguito da Creta ogni passaggio di questi avvenimenti che ovviamente si preparavano da tempo.
Il tappeto rosso, i dignitari, la stretta di mano, l’abbraccio tra i due presidenti delle due potenze mondiali, Russia e Stati Uniti, come se fossero stati amici da sempre. Due identità storiche di cui una evoca la grande Russia con le sue tradizioni, vittorie, sconfitte, letteratura, musica e dall’altra gli Stati Uniti ancor giovani e formati da un insieme di popoli che un tempo emigrarono alla ricerca di una nuova vita, nuove terre abitate da indigeni che furono annientati in tutto. L’Occidente, a cui si devono tante cose buone, il logos, la cultura, le invenzioni, non è stato così civile come vuole apparire con i popoli altri, ritenendo che il suo sguardo fosse l’unico al mondo. Si ricordi la vicenda degli Incas e il trauma irreversibile procurato da Cortés e Valverde. In un’opera di Luis Montero del 1861 dal titolo “I funerali di Atahualpa”, e di cui più volte ho narrato, ben si evince il tragico di un popolo: un bimbo che guarda da nessuna parte senza futuro. Quando si perdono i pezzi della propria e altrui storia si distrugge il mosaico cangiante del mondo e non vi sono vincitori e vinti ma solo vinti. La conoscenza viene così resa orfana, povera…
