Dalle tenebre nasce la luce: nell’anno di Dante

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Dico che l’usanza de’ filosofi è di chiamare ‘luce’ lo lume, in quanto esso è nel suo fontale principio; di chiamare ‘raggio’, in quanto esso è per lo mezzo, dal principio al primo corpo dove si termina; di chiamare ‘splendore’, in quanto esso è in altra parte alluminata ripercosso». (Convivio III, XIV, 5)

La poesia porta alla luce il mondo interiore in connessione con le esperienze del mondo esterno svelando di questo gli infiniti volti. E la luce è dimensione fondamentale di tutta la Commedia dantesca. Possiamo affermare che l’intero poema è architettato in base ad essa. Nell’Inferno, la struttura si regge soprattutto sull’assenza di luce; nel Purgatorio, al limite delle ombre ,si diffonde una dolcissima luce naturale; e nel Paradiso veniamo a contatto con una luce cosmica che trascende verso la luce increata e soprannaturale. Le tre cantiche ci appaiono come le età fondamentali della vita, come una sonata, come le tre istanze di S. Freud ( Es, Io, SuperIO ; Inconscio preconscio conscio ), come la Trinità…Ed è cosi che in modo complesso Dante racconta di sé e dell’animo umano in un rispecchiamento continuo tentando di uscire dal labirinto di specchi in cui si proiettano sull’Altro parti di sé, annientando in tal modo l’identità l’Altro. Siamo fatti di tenebre: quando si nasce le abbiamo già dentro di noi: non a caso il viaggio dentro di noi è la sfida più grande perché incontrare se stessi è sempre difficile. Al buio del seno materno si contrappone la luce esterna. Si viene alla luce e si incontrano le braccia e il latte della madre : il Paradiso. Dalla memoria emergono i ricordi e l’inevitabile sofferenza dell’esistere in quanto tale,a volte , non trova parole che possano consentire la condivisione dell’infelicità: le radici della scrittura risiedono nella sofferenza, nella dolente ricerca di se’.

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